LEGA SALVINI PREMIER – LEGA LOMBARDA SEZ. MEDA

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INTERVISTA A TOSI: LA LEGA BRINDA ALLA SECESSIONE SICILIANA

martedì, novembre 9th, 2010

Flavio Tosi, siamo al «Trinacria nazione tutto il resto settentrione».

«Ha visto che coraggio Raffaele Lombardo?».

Voi leghisti avete creato un mostro.

«Potrebbe essere uno dei nostri, sì».

Mostro, non nostro.

«Guardi che l’orgoglio dei popoli è sempre una molla positiva».

Sì ma il governatore della Sicilia parla di secessione, e riscrive la storia che pare l’Umberto Bossi dei tempi d’oro.

«E quale sarebbe la storia, scusi? I Savoia che arrivano al Sud con i mazzi di fiori fra la folla festante?».

Beh, ma nemmeno che i garibaldini vinsero grazie ai mafiosi…

«Fu una guerra di conquista, i Savoia non avevano certo ideali identitari. Tant’è vero che D’Azeglio disse: “Fatta l’Italia, bisogna fare gli italiani”».

Li abbiamo fatti gli italiani?

«Certo, l’Italia è un popolo e tale deve restare».

Perfetto, ora Lombardo parla da secessionista e lei da centralista.

«Io mi sento veronese, veneto e italiano».

Il suo Comune, Verona, pagherà pure le celebrazioni per i 150 anni dall’Unità.

«È inutile stare a recriminare. Magari Garibaldi poteva stare a casa, ma non c’è stato e i Savoia hanno pagato la sua spedizione. E ora eccoci qui, l’Italia esiste».

La cacceranno dal Carroccio.

«Guardi che il problema non è l’identità, ma lo Stato centrale che non funziona».

Lombardo dice: mandateci al diavolo e ve la faremo vedere.

«Finalmente. Se il popolo siciliano riscopre l’orgoglio delle proprie radici, le cose inizieranno a funzionare meglio».

Il polentone alleato del terrone.

«Veneti e siciliani hanno gli stesso obiettivi: onestà ed efficienza».

Ma che c’entra l’identità con il buon governo?

«Un popolo fiero si impegna di più a far funzionare le cose, pensi a come reagì il Friuli al terremoto, senza aspettare l’intervento dello Stato. E si ribella alle logiche clientelari e di malaffare».

Sì, poi si torna sulla terra e c’è un problema di risorse.

«Insisto, è innanzi tutto un problema di identità. Molte aree del Sud sono state rese dipendenti dalla politica affinché fossero succubi elettoralmente».

Lombardo vi sfida. Dice: dateci i 10 miliardi di tasse della raffinazione del petrolio e ci arrangiamo.

«Lo aspettiamo alla prova dei fatti. Vedremo se farà davvero la rivoluzione o se farà come nel Gattopardo, cambiare tutto per non cambiare nulla».

È pur sempre siculo, vatti a fidare.

«Più che altro ha di fronte due ostacoli enormi. L’impopolarità, perché è più facile assumere all’infinito e sperperare soldi pubblici che decidere il blocco delle assunzioni. E la mafia, che lo contrasterà».

Ha messo un magistrato antimafia alla Sanità.

«Gli diamo fiducia. Se riesce, bisognerà fargli un monumento a Palermo».

Magari prima gli si può dare una mano?

«Se il suo impegno è reale, lo Stato dovrà essere al suo fianco».

E la Lega?

«Per noi gente del Nord è deprecabile che i nostri soldi siano stati bruciati da anni…».

da www.ilgiornale.it

LA PADANIA SARA’ INDIPENDENTE ED AUTONOMA

venerdì, ottobre 22nd, 2010

“Viene un momento in cui una serie di forze muovono quasi contemporaneamente su un obiettivo. Vuoi per coincidenza, vuoi per intenzionalità, vuoi per un oggettivo comporsi delle cose e degli scenari, ad una certa ora il leader si scopre vulnerabile, e quando lo diventa – e tutti lo sanno – è solo questione di tempo perché qualcuno lo colpisca”. E’ uno dei passaggi centrali del capitolo quarto “La caduta” del libro Fratelli d’Italia dell’informatissimo anonimo sulla secessione della Padania. Curato da Davide Corritore e Paola Domenichini, il libro, pubblicato da Affaritaliani.it e in vendita su Bow.it, ha anticipato il boom della Lega alle ultime elezioni e i futuri scenari politici: dalla Lega che farà cadere il governo alla secessione che inizia dal Veneto con Luca Zaia, uno dei personaggi chiave del libro che come presidente porterà il Veneto all’indipendenza, e poi si estende a tutta la Padania.

ECCO L’ULTIMO DRAMMATICO CAPITOLO: THE END: UNA FAVOLA MENZOGNERA di “Fratelli d’Italia?”: “Noi italiani non siamo ‘normali’, o per meglio dire uniformabili. Ciò che voglio dire è che, perlomeno da noi, l’appartenenza, il senso identitario non sono misurabili necessariamente con parametri che si richiamano all’attaccamento alla nazione”.

“Al momento della secessione, da noi non mancava nulla, anzi forse c’era troppo, troppo di tutto: interessi da difendere, ricchezza da conservare, egoismi da coltivare, e anche appartenenze da reclamare… Per questo, come notavi all’inizio ‘tutto sembrava come prima, tutti si comportavano come se appartenessero ad un unico Paese..’.

Che cosa accadrebbe se non si arrivasse alla riforma federale dello Stato? “Secondo me – spiega l’europarlamentare della Lega Nord Mario Borghezio ad Affaritaliani.it – si aprirebbe uno scenario imprevedibile e non sarebbe troppo difficile canalizzare la sacrosanta esasperazione dei popopli del Nord verso obiettivi di indipendenza, raggiungibili oggi più mai grazie al diritto di autodeterminazione sancito dal Trattato di Lisbona. Diritto che è stato riconosciuto dall’Unione europea per il Kosovo e, indipendetemente dal giudizio che diamo su questa vicenda, si tratta di un chiaro precedente. La Padania ha tutte le carte in regola per autogovenarsi, sempre nell’ambito dell’Europa dei popoli e delle regioni. Se da Roma ostacolassero il cammino di riforme, alla lunga, sarerebbero sconfitti come lo saranno i nemici della libertà dei corsi, dei baschi e delle altre nazioni senza stato”.

da www.affaritaliani.it

PONTIDA 2010

lunedì, giugno 21st, 2010

Pontida – “C’é un solo ministro per il federalismo e sono io”, Umberto Bossi apre così il comizio a Pontida, precisando che non è vero che gli sono state tolte le deleghe con la nomina di Aldo Brancher a ministro per l’attuazione del federalismo. “Per il federalismo – ha aggiunto – la coppia è sempre quella, io e Calderoli. Con Aldo Brancher non è cambiato nulla, si è passati dal federalismo al decentramento”.

“Spostare da Roma i ministeri” E’ necessario spostare da Roma i ministeri” ha aggiunto, sottolineando la necessità dopo l’approvazione del Federalismo, di passare al decentramento anche dei ministeri. Bossi ha ricordato che anche in Italia, con il federalismo, é necessario decentrare come accaduto a Londra e in Francia: “Noi siamo il Paese più centralista del mondo”. Bossi ha quindi ricordato: “Spostare i ministeri significa spostare anche migliaia di posti di lavoro che adesso sono tutti a Roma”.

“Lotta pacifica” So quanti di voi sono pronti a battersi, anche milioni, ma io ho scelto la strada pacifica rispetto a quella del fucile”. “La lotta della Lega – ha assicurato Bossi – non finirà fino a quando la Padania non sarà libera”.

“Nessuno ci caccerà” Il leader della Lega rassicura i a proposito dei rapporti all’interno del governo e, in particolare, con il premier Silvio Berlusconi. “Non è – ha detto – che Berlusconi può cacciarci. Nessuno ci può cacciare perché altrimenti dove li trovano i voti? State tranquilli, non ci caccia nessuno, anzi tutti ci vogliono”.

Il leader del Carroccio parla davanti al popolo della Lega nel “pratone” di Pontida, dove si tiene il tradizionale raduno affollato di militanti da tutte le regioni del Nord, tradizionale bacino elettorale, ma anche dall’Emilia Romagna e dalla Toscana, dove alle ultime elezioni regionali il partito di Bossi ha ottenuto importanti successi. A testimonianza del successo della Lega, anche al di fuori dei tradizionali confini, c’é uno striscione gigantesco steso sulle pendici di una collinetta davanti al prato del raduno con la scritta “Umberto, Bologna ti ama”. Accanto al palco, con la scritta “Fratelli su libero suol” per la prima volta è stata installata una statua alta 10 metri di Alberto da Giussano. Sul pratone anche i trattori dei produttori di latte. E a loro Bossi dice: “Non posso dire il perché e il per come ma tra pochi giorni capirete. Adesso siete disperati ma io non vi ho dimenticati e la Lega risolverà i vostri problemi”. Bossi ha ricordato quando il sindaco di Milano era il leghista Marco Formentini che invitò gli allevatori a non invadere Milano con i trattori: “Vi aveva detto di non invadere la città e la Lega ha risolto i vostri problemi. Stessa cosa ha fatto il ministro Zaia. La Lega risolverà i vostri problemi”.

Castelli: senza ferdalismo rischio secessione “Se non ci sarà il federalismo, ci potrà essere la secessione, non perché lo chiederà la Lega, ma perché lo chiederà tutto il nord”, ha detto il sottosegretario alle Infrastrutture Roberto Castelli parlando dal palco. “Oggi è la Lega che tiene unito lo Stato, altro che volerlo disgregare”.

Calderoli: emendamemnto alla manovra “Stiamo costruendo un emendamento correttivo in modo che il taglio non sia più lineare ma abbia dei parametri di riferimento che taglino gli sprechi e non i servizi”, ha detto il ministro Roberto Calderoli che è al raduno di Pontida. “Quando si fa una manovra è chiaro che non gioisce nessuno. L’aspetto più negativo è il taglio lineare che va a punire quelli che sono i virtuosi e amministrano con più responsabilità”. Chi dice che con questa manovra il federalismo è a rischio non conosce l’argomento e non l’ha letta perché una delle specifiche non va ad influenzare il federalismo e le risorse che verranno fiscalizzate”, aggiunto il ministro replicando ad alcuni governatori, tra i quali quello lombardo Roberto Formigoni, secondo i quali la manovra mette a rischio il federalismo. “La manovra davanti alla crisi era necessaria. L’unica risposta alla crisi è il federalismo che è la vera cura”.

Replica a Bersani Calderoli ha replicato al segretario del Pd Pierluigi Bersani che ha accusato i leghisti di essere “mollaccioni con i miliardari”, accusando il governo di centrosinistra di avere pensato alle banche. “Diversamente da lui – ha spiegato Calderoli – non ho mai fatto trattamenti privilegiati per banche e assicurazioni come invece si è contraddistinto il governo della sinistra”. “Se quelli – ha concluso – sono i poveri che loro hanno tutelato, ragazzi miei siamo messi proprio male”.

Brancher ministro “Non è una nomina improvvisa – ha spiegato Calderoli replicando all’osservazione che la nomina di Brancher avrebbe creato malumori nella Lega – perché da tempo ci stavano lavorando”. Quindi precisato: “Quello di Brancher è il ministero per il decentramento e non del federalismo perché quello è di Bossi”.

“Donazione di sangue” “La manovrà è necessaria, bisogna cercare di non fare un completo prosciugamento. Facciamo una donazione di sangue, certo non dobbiamo toglierlo tutto altrimenti il paziente muore”. Alla domanda se tra i leghisti c’é malumore per la manovra del governo, Calderoli ha precisato: “I problema non è che uno sceglie di fare la manovra. E’ stata una cosa obbligatoria perché l’alternativa era il fallimento di tutti. Quando fallisce tutto anche il risparmio della gente, della Padania piuttosto che di altre parti del Paese, viene meno”.

“Io di calcio non mi interesso assolutamente”. Così il ministro dribbla le polemiche che nei giorni scorsi hanno visto al centro la Nazionale di calcio impegnata in Sud Africa e l’emittente leghista Radio Padania, che durante la partita d’esordio contro il Paraguay aveva tifato contro gli azzurri. “Mi interesso di qualsiasi altro tipo di sport – ha tagliato corto Calderoli – tranne che di calcio”.

da www.ilgiornale.it

EMILIA E ROMAGNA

domenica, maggio 23rd, 2010

Secessione e Romagna: la Lega Nord, attraverso il consigliere regionale, Robero Zaffini, interviene nel dibattito: “Premesso che attualmente non c’è nessun progetto leghista di annessione alla Romagna ma una proposta presentata da un deputato della Lega e uno del PdL per creare la regione Romagna, distinta dall’Emilia, pensiamo sia del tutto legittimo che dei liberi cittadini, abitanti nella provincia di confine, possano essere quantomeno incuriositi da questa iniziativa e usando democraticamente i mezzi che la comunicazione oggi offre, come Facebook, abbiano aperto un dibattito ed espresso una posizione.

 

Tarsi ha una sua opinione e afferma che i panni si lavano in casa (le Marche), ottimo. Ma allora è un po’ di tempo che la lavatrice (governo regionale) non funziona affatto bene per Fano e Pesaro.

 

Sono finite le elezioni, adesso per qualcuno fila tutto liscio e si elencano una sfilza di bei propositi riferiti al turismo si dichiara che le Marche sono uno dei prodotti emergenti d’Italia.

 

Sinceramente a noi sembra che a Fano e a Pesaro non sia emerso proprio un bel niente.

 

Anzi più che emersi, siamo sommersi, quello si, dal mare e la Regione scandalosamente non fa nulla.

 

A questo punto mi preoccupa di più, invece, che alcuni possano cavalcare la protesta durante la campagna elettorale e poi sotterrare l’ascia di guerra e fumare il calumet della pace con i poteri forti della Regione.

 

In verità di secessione si parla spesso anche a Gradara, Tavullia e Gabicce e ora anche a Pesaro e Fano, e ne parla la gente comune.

 

Io non metto la questione sul piano delle radici culturali.

 

Tuttavia, esse fanno il gioco di una provocazione seria e concretizzabile, di una proposta politica alternativa all’immobilismo del passato e del presente.

 

E’ dato incontestabile, ad esempio, che qualsiasi manuale di linguistica inserisca il territorio di questa provincia nello spettro del romagnolo meridionale.

 

Ben venga allora questa provocazione se servirà a chiedere attenzione, dignità culturaleidentitaria e soprattutto soldi per problemi urgenti come l’erosione marina, il dragaggio del porto, le vie di comunicazione ferme all’anno 220 avanti Cristo, solo per cominciare”.

MA E' PROPRIO COSI'?

giovedì, marzo 18th, 2010

«Ragionevolezza». Addirittura, «moderazione». E che fine ha fatto la secessione? Dove hanno messo il celodurismo, le canottiere, la nazione padana, i riti celtici, l’acqua del Po? E tutto il campionario di invettive e intemperanze della Lega «dura e pura», in quale cassetto sono finiti? Il Carroccio, partito sempre meno di lotta e sempre più di governo, sta cambiando pelle. Basta prendere Umberto Bossi. Fino a poco tempo fa, dargli del moderato era quasi un insulto. Adesso con un linguaggio democristiano invita tutti, Silvio Berlusconi compreso, ad «abbassare i toni».

Basta sentirlo parlare il nuovo Senatùr, per valutare la profondità del cambiamento. «Ora finiamola, è il momento di abbassare la voce. Tutti continuano a gridare, ma nessuno è così sicuro di avere le carte in regola per poterlo fare. Stiamo dicendo cose che alla gente non interessano». E basta sfogliare la Padania, che da foglio gridato si è trasformato in un giornale «benpensante», riformista. «Lega tra la gente, lontana dalle liti», è il titolo di prima. Sommario: «Il Carroccio è sempre attivo sul territorio per risolvere i problemi dei cittadini». E dentro: «La Lega Nord è diversa», «La Lega del fare», «Stanchi delle liti di Palazzo». Concetti ripresi anche dai manifesti elettorali, dove si vede Alberto da Giussano che con la spada squarcia lo sfondo dividendo alcune storiacce, come il caso Marrazzo e lo scandalo escort, dal simbolo del partito: «Noi siamo un’altra cosa».

La svolta moderata del Carroccio in realtà non è cosa di oggi ma parte da lontano. Le liti e le polemiche con Carlo Azeglio Ciampi sul tricolore e sull’unità d’Italia sono un reperto archeologico: da quando al Quirinale c’è Giorgio Napolitano, non passa giorno senza che Roberto Calderoli, o lo stesso Bossi, non elogino «il grande equilibrio» del capo dello Stato. Ma il profilo, diciamo così, «istituzionale» della Lega, che è venuto a galla in questa legislatura, si è ancora di più marcato negli ultimi tempi. C’è un fondo di propaganda: alle Regionali mancano due settimane scarse e i leghisti puntano a fare man bassa di voti nel nord, in Veneto soprattutto, staccando il Pdl e contando di più in futuro nell’alleanza di governo.

Ma c’è pure un pragmatismo di fondo del movimento, il cui obbiettivo è quello di raggiungere dei risultati visibili, con il federalismo. Per arrivare alla meta, qualsiasi autobus è buono. I rapporti con Berlusconi, per carità, sono fuori discussione. «Noi siamo alleati fedeli – ripete il Senatùr ad ogni occasione – e l’abbiamo dimostrato più volte».

Per questo i leghisti saranno in piazza con Berlusconi, anche se senza troppo entusiasmo. «Delle regole – dice ancora Bossi – si sarebbe dovuto parlare da tempo. Ma prima: se non lo si è fatto, le liste bisognava presentarle bene. Certo, se agli uomini del Pdl è stato impedito di farlo, non è cosa da poco».

Quindi, conclude, è suonata l’ora del dialogo. Anche con Bersani? «Ora è troppo difficile, si rischia troppo di passare per traditori. Il fatto è che siamo partiti con il piede sinistro ma a far troppo casino non si risolve niente. Però con i partiti onesti bisogna parlare». E il Pd è onesto? «Direi si sì. Abbastanza. Vedremo che succederà con il federalismo. È difficile fare previsioni, perché certe beghe, certe polemiche lasciano sempre delle cicatrici».

da www.ilgiornale.it