LEGA SALVINI PREMIER – LEGA LOMBARDA SEZ. MEDA

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GENTILINI, PADANO E NAZIONALISTA

lunedì, gennaio 10th, 2011

Giancarlo Gentilini è il leghista atipico: quello che difende l’inno e la bandiera, con la penna nera sul cappello da alpino. Del Carroccio mantiene i tratti distintivi, papà della tolleranza zero e sostenitore del federalismo, e sue furono le prime battaglie sull’immigrazione irregolare, figlie anche di una dialettica mediatica cruda e fuori dalle righe. Ma il vicesindaco di Treviso, classe 1929, crede in qualcosa che va al di là delle logiche di partito. Di boicottare i simboli della patria non se ne parla nemmeno.

Vicesindaco Gentilini, la bandiera e l’inno sono ancora dei valori su cui investire? «Certo, sono i baluardi dell’Italia ».

Ce ne saranno tanti nelle città nei prossimi mesi… Napolitano ha aperto ufficialmente i festeggiamenti per il 150˚anniversario dell’unità d’Italia… «Sono un doveroso omaggio ai caduti della prima guerra mondiale che hanno combattuto sulle grave del Piave, nei boschi del Montello, sulle rocce del Grappa e sull’altipiano di Asiago. Nulla hanno chiesto, sono partiti per rispondere a un sacro giuramento per unire l’Italia. Poi ci sono i tanti caduti della seconda guerra mondiale, i partigiani, i caduti di terra, mare e cielo che hanno dato la vita negli scenari esteri per portare la pace, fine ultimo di ogni nazione».

La città che lei amministra non ha previsto nessuna celebrazione in questo appuntamento che lei invece ritiene così importante… «Non voglio entrare in certe questioni politiche. A Treviso viviamo un momento di difficoltà, non ci sono risorse finanziarie per grandi eventi. Credo che ai caduti bastino delle corone d’alloro sul monumento che li ricorda. Si accontentano della memoria, senza manifestazioni in pompa magna, azionate da forze politiche ».

Ma non crede che meritino di più? «A loro non interessa. Alloro fresco e il suono del silenzio che risveglia gli ideali, questo non deve mancare».

Chi è il volto dell’unità d’Italia? «Sono proprio loro, centinaia di migliaia di soldati che hanno sacrificato la vita. Sono eroi, hanno fatto l’unità. Ma ti ho detto che non voglio entrare in polemiche politiche…»

Deve ammettere però, che questi festeggiamenti il suo partito li sta snobbando… Il sindaco della sua città è Gian Paolo Gobbo, segretario regionale della Lega, che dice di non aver programmato nulla il 150˚. «Io comunque sarò con gli alpini all’adunata di Torino, a maggio. Sfileremo attraverso le vie della città al suono dell’inno e in mezzo a migliaia di tricolori».

Cosa significa per lei unità? «Noi alpini abbiamo dei capisaldi e li portiamo avanti. Bandiera e inno sono fondamentali, due emblemi che sfuggono a ogni dissertazione ».

Eppure il sentimento patriottico sembra svanire poco a poco, pensi ai giovani… «Credo che eliminare la leva militare sia stato un fattore negativo. Era l’incontro di realtà diverse, c’era una conoscenza capillare dei popoli che formano l’Italia, tutti per uno e uno per tutti. La naja è maestra di vita: al primo posto mette la nazione e fa giurare fedeltà alla bandiera».

Silvia Madiotto

da http://corrieredelveneto.corriere.it/veneto/notizie/politica/2011/8-gennaio-2011/lega-non-festeggia-io-sfilero-torino-la-bandiera-mano-181215228495.shtml

AIUTEREMO LANCINI

giovedì, dicembre 2nd, 2010

La sentenza del tribunale di Brescia che condanna l’amministrazione di Adro alla rimozione dei 700 simboli leghisti e al pagamento delle spese di pulitura del plesso oltre a quelle processuali e obbliga la scuola ad esporre le bandiere italiana e dell’Unione europea (leggi qui e qui), non ha suscitato, solo, come’era logico attendersi, le reazioni del primo cittadino Oscar Lancini (leggi qui), “artefice” della bagarre che ha tenuto banco per settimane sia a livello locale che nazionale (leggi qui e qui), ma anche quelle del mondo politico ed in particolare dei ‘colleghi’ lumbàrd del primo cittadino adrense.

“Come leghista darò il mio supporto come tanti altri faranno nel movimento”, ha commentato Davide Boni, presidente del Consiglio regionale della Lombardia, in risposta a chi gli domandava se il Carroccio avrebbe aiutato economicamente il sindaco di Adro Oscar Lancini a sostenere i costi della rimozione dei simboli.

Andrea Gibellini, vice presidente regionale, in quota alla Lega Nord, ha detto invece che “Le sentenze si accettano e non si commentano”. E ha aggiunto “Noto una certa predisposizione a considerare simboli identitari come simboli che non possono avere cittadinanza in Italia e in Europa”.

E mentre la Lega si dimostra compatta nel sostegno a Lancini, non mancano i commenti delle altre parti politiche come Pd e l’Italia dei Valori.

Per Pietro Bisinella, segretario provinciale del Pd, “È paradossale che in Italia, di fronte al silenzio assordante di alcune istituzioni, sia stata necessaria l’azione della magistratura per sancire che la scuola è di tutti, è un bene comune e non può essere targata politicamente” (leggi qui).

Francesco Patitucci, consigliere regionale dell’Italia dei Valori afferma invece che “L’arroganza messa in mostra dal sindaco Lancini e dai leghisti nel caso di Adro trasuda tutto il loro disprezzo per i simboli istituzionali. La sentenza del Tribunale civile di Brescia ristabilisce la legalità”.

L’Italia dei Valori ha anche annunciato che prenderà parte alla manifestazione di sabato 4 dicembre ad Adro organizzata dal Comitato per la rimozione dei simboli di partito dalla scuola pubblica.

Sinistra, ecologia e libertà di Brescia, in una nota (leggi qui) dichiara che “a Brescia, si è finalmente fatta giustizia della vicenda dei simboli leghisti che per volontà del sindaco di Adro avevano sostituito in modo artefatto e ridicolo i simboli e i colori dell’Italia presso la scuola di Adro. Fatti ancora più inaccettabili se si pone mente alla celebrazione in corso dei 150 anni dell’unità del Paese. Ci attendiamo pertanto che l’amministrazione comunale leghista di Adro proceda speditamente alla rimozione dei simboli”.

Per Giuseppe Civati, consigliere regionale del Pd se è vero che “il comune (di Adro, ndr) rappresenta tutti i cittadini”, e anche vero che “la stupidata dei 700 simboli è stata voluta solo da alcuni: è giusto quindi che le spese siano addebitate al sindaco e a chi ha sottoscritto la scelta”.

Il Codacons, che sulla vicenda ha presentato il mese scorso un esposto alla Corte dei Conti (leggi qui), in una nota, ha chiesto che questa spesa non gravi sui contribuenti con uno sperpero di denaro pubblico, ma che i responsabili se ne assumano l’onere, “con tutta probabilità”, scrive l’associazione dei consumatori, “l’unica azione utile ad impedire una possibile condanna della Corte dei Conti”.

da www.quibrescia.it

LA PADANIA SARA’ INDIPENDENTE ED AUTONOMA

venerdì, ottobre 22nd, 2010

“Viene un momento in cui una serie di forze muovono quasi contemporaneamente su un obiettivo. Vuoi per coincidenza, vuoi per intenzionalità, vuoi per un oggettivo comporsi delle cose e degli scenari, ad una certa ora il leader si scopre vulnerabile, e quando lo diventa – e tutti lo sanno – è solo questione di tempo perché qualcuno lo colpisca”. E’ uno dei passaggi centrali del capitolo quarto “La caduta” del libro Fratelli d’Italia dell’informatissimo anonimo sulla secessione della Padania. Curato da Davide Corritore e Paola Domenichini, il libro, pubblicato da Affaritaliani.it e in vendita su Bow.it, ha anticipato il boom della Lega alle ultime elezioni e i futuri scenari politici: dalla Lega che farà cadere il governo alla secessione che inizia dal Veneto con Luca Zaia, uno dei personaggi chiave del libro che come presidente porterà il Veneto all’indipendenza, e poi si estende a tutta la Padania.

ECCO L’ULTIMO DRAMMATICO CAPITOLO: THE END: UNA FAVOLA MENZOGNERA di “Fratelli d’Italia?”: “Noi italiani non siamo ‘normali’, o per meglio dire uniformabili. Ciò che voglio dire è che, perlomeno da noi, l’appartenenza, il senso identitario non sono misurabili necessariamente con parametri che si richiamano all’attaccamento alla nazione”.

“Al momento della secessione, da noi non mancava nulla, anzi forse c’era troppo, troppo di tutto: interessi da difendere, ricchezza da conservare, egoismi da coltivare, e anche appartenenze da reclamare… Per questo, come notavi all’inizio ‘tutto sembrava come prima, tutti si comportavano come se appartenessero ad un unico Paese..’.

Che cosa accadrebbe se non si arrivasse alla riforma federale dello Stato? “Secondo me – spiega l’europarlamentare della Lega Nord Mario Borghezio ad Affaritaliani.it – si aprirebbe uno scenario imprevedibile e non sarebbe troppo difficile canalizzare la sacrosanta esasperazione dei popopli del Nord verso obiettivi di indipendenza, raggiungibili oggi più mai grazie al diritto di autodeterminazione sancito dal Trattato di Lisbona. Diritto che è stato riconosciuto dall’Unione europea per il Kosovo e, indipendetemente dal giudizio che diamo su questa vicenda, si tratta di un chiaro precedente. La Padania ha tutte le carte in regola per autogovenarsi, sempre nell’ambito dell’Europa dei popoli e delle regioni. Se da Roma ostacolassero il cammino di riforme, alla lunga, sarerebbero sconfitti come lo saranno i nemici della libertà dei corsi, dei baschi e delle altre nazioni senza stato”.

da www.affaritaliani.it

FINI PUNGE LA LEGA

martedì, ottobre 12th, 2010

Un colpo al cerchio (il federalismo è «una scelta irrinunciabile»), un colpo alla botte (no alle «piccole patrie preunitarie» e all’evocazione di «inesistenti identità padane»).

Da Palermo, dove venerdì ha benedetto il governo Lombardo quater nato dalla neo-alleanza Pd-Udc-Fli, ieri l’instancabile Gianfranco Fini è salito all’altro capo della penisola, in Val d’Aosta. E dai piedi del Monte Bianco il presidente della Camera ha aperto alla «svolta federalista», come la chiamano dalla Lega, ma stando ben attento a piantare i suoi paletti di difensore dell’unità d’Italia e di paladino della «solidarietà» verso le regioni meno sviluppate del Mezzogiorno, quelle che secondo le analisi demoscopiche costituirebbero il potenziale serbatoio elettorale di una destra finiana. «I forti divari tra Nord e Sud – ammonisce Fini – non possono giustificare differenze di trattamento nella fruizione di servizi essenziali, come ad esempio la tutela della salute». Niente «competizione» tra regioni efficienti e ricche e regioni sprecone e povere, dice Fini: il federalismo deve essere «solidale», e là dove le entrate fiscali non riescono a pagare «i livelli essenziali di sanità, assistenza e istruzione» deve intervenire lo Stato per «garantire l’integrale copertura».

L’attuazione del federalismo fiscale è uno dei punti di quel programma di governo che Futuro e Libertà si è impegnata a difendere lealmente, e dunque Fini non se ne smarca: «La scelta di un modello federale è obbligata e irreversibile, perché adottata dalla stragrande maggioranza degli stati di grandi dimensioni». Ma i distinguo dalle parole d’ordine del Carroccio sono chiari e netti, conditi da una punta di sarcasmo: «Alla base della crescente popolarità che il termine federalismo incontra – spiega il presidente della Camera – non vi è un nostalgico guardare indietro alle piccole patrie pre-unitarie, e neanche il fascino per una inesistente identità padana», bensì la diffusa «insoddisfazione per il cattivo funzionamento dello Stato centralista».

La replica della Lega non si fa attendere, ma è tutt’altro che bellicosa: «Negare l’identità padana – si limita a ribattere Roberto Calderoli – è come dire che la terra è piatta». Un dato di fatto indiscutibile, insomma, che non sarà certo Fini a smentire. Il ministro per la Semplificazione preferisce piuttosto andare sul concreto, e accogliere la disponibilità finiana a collaborare all’attuazione del federalismo fiscale: «La prossima settimana vedrò il presidente della Camera – annuncia – per portargli gli ultimi decreti e presentargliene il contenuto: il rilancio della legislatura ci sarà proprio grazie al federalismo». Pragmaticamente concentrati sull’obiettivo, i leghisti preferiscono ignorare anche la difesa dei «diritti fondamentali degli immigrati irregolari» fatta da Gianfranco Fini, che ieri ha rilanciato la questione della cittadinanza, «non tanto come status, ma come appartenenza a una comunità dove le persone vivono, lavorano e studiano».

Un Fini che, paradossalmente, scavalca a sinistra Walter Veltroni, che invece sul tema immigrazione scopre una vocazione anti-buonista: proprio ieri, alla conferenza programmatica Pd di Busto Arsizio, è stato approvato all’unanimità l’ordine del giorno presentato dall’ex leader, che chiede una «selezione degli ingressi» in Italia. «Venire qui è un’opportunità, non un diritto», e dunque gli aspiranti immigrati vanno ammessi secondo una sorta di punteggio. Bersani (pressato dagli amministratori del Nord che tifavano per la proposta veltroniana) ha benedetto l’ingresso «selettivo»: «La questione non è essere buonisti o no, è essere razionali». Applausi (ironici) dal Pdl: «Se avessimo usato noi la parola “selettività” ci avrebbero dato del dottor Mengele – dice Maurizio Gasparri – ma ben venga il riconoscimento degli errori passati del Pd».

ANDRO’ IN PENSIONE SOLO DOPO PADANIA LIBERA

lunedì, settembre 13th, 2010

Sono stati 50mila, secondo gli organizzatori, i militanti leghisti che si sono dati appuntamento oggi in riva Sette Martiri a Venezia per la festa dei popoli padani, appuntamento fisso con il capoluogo veneto della Lega nord, il partito guidato da Umberto Bossi. Tra bandiere col sole celtico della padania, bandiere raffiguranti Alberto da Giussano, gonfaloni con Leone di San Marco, sulla riva prospicente al bacino di San Marco sono comparsi anche dei Tricolore. Sotto il palco della festa dei popoli padani, si sono assiepati i militanti leghisti in attesa dell’intervento del leader del Carroccio che, comparso in scaletta per ultimo, ha raccolto un’ovazione. Ai gridi di ‘Padania libera’, ‘Roma ladrona, la Lega non perdona’ e cori di ‘Umberto, Umberto’, il Senatùr ha salutato il suo popolo con un “vi abbraccio tutti, abbraccio Venezia, i veneti e i lombardi sono un grande popolo. Padania libera!”. Numerosi i gadget tra cappellini, fazzoletti, magliette e letteratura di revisionismo storico che hanno fatto bella mostra in tante bancarelle allestite lungo il percorso che portava da piazza San Marco alla riva dei Sette Martiri dove si è svolto il consueto rito dell’ampolla contenente l’acqua del Po versata in Laguna. A fare numero tra il popolo verde ci hanno pensato i ‘giovani padani’ arrivati in massa per ascoltare le parole del loro leader. Sul palco si sono alternati anche il governatore del Piemonte Roberto Cota, il governato del Veneto Luca Zaia, la vicepresidente del Senato e leader del sindacato padano Rosi Mauro, il ministro della Semplificazione Roberto Calderoli, il ministro dell’Interno Roberto Maroni. Il popolo verde è arrivato a Venezia con 243 pullman e alcune motonavi, giunte dalla marca trevigiana, da Jesolo e da Chioggia.

Bossi, spiazziando ogni pronostico, ha parlato soprattutto degli allevatori, delle quote latte, dell’agricoltura e ha mostrato, a sorpresa, anche un lato piu’ privato, a tratti malinconico. “Il tempo passa anche per me – ha detto ad un certo punto Bossi – l’altro giorno ero in montagna e mi mancava l’aria, per fortuna mi ha aiutato mio figlio e mia moglie Manuela. Ma noi andremo avanti lo stesso fino alla fine per portare avanti il nostro sogno di liberta’ della Padania”.

Poco dopo, sempre in chiave intimista, Bossi ha detto: “Andro’ in pensione solo dopo che la Padania sara’ realizzata e libera”. Parole quasi affettuose sono andate anche all’indirizzo della signora Lucia Massarotto, la veneziana che ogni anno espone il Tricolore per protesta contro la Lega: “La signora Lucia – ha detto Bossi – non e’ piu’ cosi’ dura con noi come in passato. Chi la dura la vince…”.

da http://www.apcom.net e  http://www.agi.it

A MILANO IL MINISTERO DELL’ECONOMIA?

martedì, giugno 29th, 2010

La Lega Nord rilancia il concetto di ‘capitale reticolare’. E Umberto Bossi sceglie il quotidiano online Affaritaliani.it per chiedere che il ministero dell’Economia venga spostato a Milano. “Dopo il federalismo verrà il momento del decentramento dei ministeri. Non sarà facile – ammette il Senatùr, perché tutti saranno contro di noi”. Infatti “non è mai possibile non avere un ministero a Milano?”, si è chiesto il ministro delle Riforme. “Non possiamo solo pagare e non avere niente, dobbiamo anche contare e il fine ultimo è portare un ministero a Milano, quello delle Finanze. E poi quello dell’Industria a Torino e per esempio quello del Turismo a Venezia”.

 

Il leader del Carroccio torna anche sul concetto di Padania. “Noi siamo destinati a veder nascere la Padania, non c’è santo che tenga. La Padania – ha aggiunto – sta a noi se farla in maniera pacifica o violenta: io preferisco la via pacifica, perché per l’altra via c’è sempre tempo a utilizzarla, ma ora bisogna portare a casa il più possibile in Parlamento”.

 

Così come “avevano fatto i romani costruendo il Colosseo anche nel calcio il meccanismo della Nazionale è di far dimenticare alla gente i veri problemi: noi invece vogliamo che la gente capisca che bisogna cambiare per dare ai nostri figli un sistema migliore di quello romanocentrico”, ha spiegato Bossi parlando del flop della Nazionale ai Mondiali di Calcio in Sudafrica. Il Senatùr ha sostenuto che già “si vedeva che erano una squadra e un allenatore sbagliati. Ed è per questo motivo che quando un giornalista me lo ha chiesto ho risposto, scherzando, che per vincere l’Italia avrebbe dovuto comprare delle partite. Ed è successo il finimondo”.

 

da www.affaritaliani.it

ESISTE LA PADANIA? NO, MA…

venerdì, giugno 25th, 2010

Vi propongo un artitolo preso da facebook, non è tanto di parte ma….

Anche in questi giorni, data la debolezza dell’opposizione, la polemica politica si è giocata nei confini della maggioranza di governo intorno alla questione dell’esistenza o meno di una “nazione padana”.

Il presidente della Camera Gianfranco Fini è inquieto per l’appoggio, se pur condizionato e molto tiepido, che i poteri forti, nonostante tutto, continuano a dare a Berlusconi, al fine di gestire la crisi con misure di emergenza.

Non potendo in questo momento confliggere troppo apertamente con il Cavaliere, Fini si è scagliato contro la Lega, affermando esplicitamente che la Padania non esiste, che è solo una fortunata “invenzione propagandistico-lessicale”. Questione di marketing politico, insomma.

Un marketing che però, bisogna ammetterlo, sembra funzionare piuttosto bene, in quanto la Lega non è in crisi di consensi come PD e PDL ed estende la sua sfera di influenza anche nelle cosiddette regioni rosse.

Certamente l’uscita di Bossi secondo cui ci sarebbero 10 milioni di padani pronti a battersi è una bufala, poiché solo una piccolissima parte dell’elettorato leghista ha un livello tale di militanza da esser disponibile all’azione diretta (dallo sciopero fiscale a forme più forti di mobilitazione e protesta).

Tuttavia quello che non sembrano capire molti oppositori di Bossi (di maggioranza e di opposizione) è che il senso di identità nazionale si costruisce e si consolida proprio con questi richiami alla militanza e al potenziale conflitto con un nemico. Sicuramente oggi non esiste un soggetto nazionale identificabile con la Padania, ma non si può escludere in assoluto che possa anche coagularsi in futuro.

Le nazionalità sono sempre il prodotto di una sapiente costruzione di miti identitari, meglio se corroborati da una storia di lotte reali, magari con qualche eroe e qualche martire da esibire. Anche la nazione italiana è stata costruita stabilendo come avversari, non solo politici, ma anche identitari, l’impero austriaco, i Borboni e il potere temporale del Papa.

Il cosiddetto processo di “nation building” è sempre un’operazione complessa, che ha bisogno anche di simboli, oltre che di moventi politici ed economici. Attaccare persino la nazionale italiana (salvo poi ritrattare parzialmente, come ha fatto Bossi), simbolo attorno al quale si aggrega buona parte della popolazione (di destra e di sinistra), è un atto forte, forse azzardato, ma che la dice lunga sulla determinazione del progetto leghista. Peraltro, con un certo tempismo politico, la nazionale viene criticata in un momento di scarso consenso e di risultati molto deludenti; aprendo così una breccia che probabilmente rimarrà tale e nulla di più, a meno che la crisi economica non divenga più grave e persistente; perché in tal caso gli scenari potrebbero diventare anche molto caldi e aprire a soluzioni inedite…

FINI RASSEGNATI: LA PADANIA ESISTE

mercoledì, giugno 23rd, 2010

«Ci sono grosso modo dieci milioni di persone disposte a battersi per la Padania, vuol dire che esiste. Non c’è uno Stato padano, ma la Padania esiste». Umberto Bossi risponde a muso duro a Gianfranco Fini. La frase del presidente della Camera («La Padania non esiste, è un’invenzione che va contro l’unità del Paese») non è piaciuto per niente ai leghisti. Se Fini ha detto che andrà più spesso al Nord, non potrà contare su Bossi: «Io non vado ad accogliere uno che spara a zero contro di noi. Ha le gambe e la capacità di prendere il treno da solo, faccia da solo». In fondo, aggiunge, «quella contro la Padania è una polemica che non fa bene alla salute di Fini, perché è difficile che lui prenda i voti dalla nostra parte. Dica quello che vuole: tanto i voti ce li lascia tutti a noi».

CALDEROLI – E così, dopo le repliche a caldo del ministro Calderoli («Noi lavoriamo a mille per il federalismo, mentre altri si dedicano alla filosofia…»), del presidente del Veneto Luca Zaia («Se la Padania è un’invenzione allora lo sono anche il Sud e la questione meridionale») e del presidente della regione Piemonte, Roberto Cota, arriva quella del Senatùr in persona. «Fini può dire quello che vuole, ma la Padania esiste – ha detto Cota -. È sempre esistita nella storia; esiste nella realtà socio-economica e la controprova sono i nostri consensi, che aumentano sempre di più». Bossi, in un’intervista a Repubblica, aveva già bollato le frasi del presidente della Camera come «parole senza senso di chi da noi non prende voti».

FINI – Non si fa attendere la contro-replica di Fini. «Ho avuto modo di dire quello che tanti pensano, anche al Nord, anche nella tua Brianza – scrive il presidente della Camera sul sito di Generazione Italia, rispondendo a una lettera di Stefano Basilico, giovane iscritto lombardo dell’associazione «finiana» interna al Pdl. – La Padania non esiste, come ci ha ricordato anche la Società geografica italiana. C’è solo la nostra Italia. Che avrà problemi, differenze tra Nord e Sud, ma è la nostra Nazione. E dobbiamo esserne fieri, non solo quando gioca la Nazionale». Per Fini «non si può dire che è ‘Padania’ quella parte del paese che lavora e paga le tasse. Per due motivi: non è solo il Nord a lavorare e pagare le tasse e non tutti i cittadini del Nord che lavorano e pagano le tasse si sentono ‘padani’. Sono pronto a scommettere». «Perdere tempo a discutere di una cosa che non esiste (la Padania) ci mette fuori strada – continua il presidente della Camera – Se poi, per conservare il primato (indiscusso) del Nord, per poter continuare a gridare contro “Roma ladrona”, per insistere con la favola della Padania, si vuole lasciare tutto cosi com’è, questo è un altro discorso. Ma non è il mio». «Infine, caro Stefano, tu mi chiedi di essere più presente al Nord. Accetto la sfida – dice Fini – insieme a tutti gli amici che credono nell’Italia, nel senso di appartenenza ad una comunità nazionale, a un’idea di Nazione, a una storia antica, dolorosa ma affascinante», conclude il presidente della Camera.

IL PDL – Franco Frattini prova a smorzare le polemiche. La Padania, sostiene il ministro degli Esteri, è «uno slogan che la Lega ha inventato tempo fa ed è efficace agli occhi della loro gente e se la si considera in questo senso non mi offende per niente». Il capogruppo del Pdl Fabrizio Cicchitto ribadisce poi che «non bisogna mai dimenticare che l’attuale maggioranza si fonda sull’intesa fra il PdL e la Lega. L’alleanza ha delle serie ragioni di fondo ed è anche evidente che essa tiene sulla base di un senso di reciproca responsabilità: la Lega Nord sceglie il federalismo e scarta il secessionismo, il PdL lavora per una linea politica di equilibrio fra Nord e Sud, al netto di eccessi in un senso e nell’altro». «Si tratta – riconosce – di un’alleanza non facile, ma che non ha alternative. Tutto ciò implica anche che, a fronte del federalismo in corso d’opera, la Lega non si deve inventare l’emigrazione in giro per l’Italia dei ministeri, operazione francamente improponibile».

FAREFUTURO – Da segnalare anche la posizione di Ffwebmagazine, rivista online della fondazione Farefuturo (vicina al presidente della Camera): «In realtà – si legge in un corsivo del direttore Filippo Rossi – i leghisti danno sostanzialmente ragione a Fini, smentendo il loro Dna culturale e derubricando la Padania a semplice area socio-culturale». «Basta leggere la risposta di Luca Zaia – afferma. – “La Padania intesa come area socio-culturale, economica e politica – dice il governatore del Veneto – è una realtà censita a livello nazionale e internazionale dai più autorevoli osservatori”. Un’apparente risposta a Fini diventa in realtà la più forte smentita della vulgata leghista: nelle parole di Bossi e dei suoi uomini la Padania finisce di essere una nazione e rientra nei ranghi di una regione. Come d’altra parte ha confermato senza rendersene conto lo stesso Zaia, pensando di segnare a porta vuota: “se la Padania è un’invenzione – ha detto – allora lo sono anche il Sud e la questione meridionale”. Qualcuno forse ha negato l’esistenza di un Nord e di una questione settentrionale? Quello che è stato detto – conclude il corsivo – è che la Padania come identità nazionale non esiste. E da oggi sappiamo che anche i leghisti sono d’accordo».

da www.corriere.it

I GIOVANI, LA LEGA NORD E LA VOGLIA DI CAMBIARE

mercoledì, giugno 16th, 2010

Vi propongo oggi un articolo di Emanuele Pozzolo, apparso su “La Padania” di ieri che faccio volentieri mio.

I giovani che si interessano di politica si contano ormai sulle dita di una mano. Eppure impressiona la quantità di giovani e giovanissimi che si avvicinano, quotidianamente, alla Lega Nord: sono tanti i ragazzi e le ragazze che si impegnano gratuitamente tra le file del nostro movimento.

Altrove i giovani non ci sono più: le due grandi “case ideologiche” del Novecento, quella comunista e quella fascista, hanno sempre esercitato una forte attrazione sulle giovani leve. Le sedi del Pci e del Msi pullulavano di giovani: c’erano il tipo intellettuale, il movimentista, il militante per caso e l’enfant prodige della sezione. C’era molta vita giovanile nella militanza politica del secolo scorso.

[…] Le abiure indecorose e le ripetute capriole che molti figli di quelle ideologie hanno cavalcato per puro interesse personale non hanno fatto altro che rendere ancora più profondo il solco che separa i giovani e la politica. Oggi, come cinquant’anni fa e forse come sempre, i giovani sono i più “puri”: pretendono fatti e non solo parole, pretendono passione e non solo cinismo. La politica di oggi, nel suo complesso, è evidente che è l’esatta antitesi di quello che un giovane vorrebbe vedere: le idee contano meno del due di picche, non si può dire tutto quello che si pensa, bisogna stare attenti al “politically correct” e, in fin dei conti, va avanti solo chi è adeguato a non pestare i calli dei politicanti più navigati. Tutto questo è assolutamente incontestabile e, purtroppo, trasversale.

Ma vi è un’eccezione nel panorama politico italiano: la Lega Nord.

La Lega è l’esatto contrario della politica che fanno tutti gli altri partiti e movimenti politici, di destra e di sinistra: la Lega sa ancora appassionare, la Lega sa di avere il coraggio di andare controcorrente, la Lega se ne fa un baffo del “politically correct”. E’ per questo che la Lega piace ai giovani. La Lega dice tutto quello che pensa e, soprattutto, agisce, fa, produce: la “politica del fare” è il marchio di fabbrica del movimento di Umberto Bossi e questa caratteristica, evidentemente, attrae e convince i giovani. Proprio quei giovani, che mai entrerebbero a far parte di qualsiasi altro movimento politico, trovano nella Lega e nei Giovani Padani, quello spazio libero dove possono far valere le loro idee, difendere i loro valori e lavorare per la loro terra.

[…] Si può dire, senza timore di smentita, che l’unica classe politica giovane e seria oggi presente in Italia è quella della Lega: a dimostrazione di quanto la freschezza anagrafica sia una caratteristica peculiare della Lega Nord basti sapere che Roberto Cota e Luca Zaia, i due neo-governatori di Piemonte e Veneto, hanno entrambi 42 anni e se anche sommassimo le loro rispettive età non raggiungeremmo le secolari primavere di qualche altro politico italiano. I tanti giovani che costituiscono le braccia e le gambe del nostro movimento sono il futuro, non solo della Lega, ma anche del nostro Paese; perché altrove i giovani o non si vedono, o non fanno politica, o non hanno spazi. […] I giovani sono l’unica garanzia del vero cambiamento: non si accontentano di fare le cose a metà, vogliono andare fino in fondo. Come la Lega.

(nda) Anche nella sezione di Meda è presente un nutrito gruppo di giovani, alcuni alle prime esperienze, altri già navigati, guidati sapientemente dalla responsabile cittadina dei Giovani Padani, Massimiliana Spinelli, a cui va un grazie e un sentito in bocca al lupo!

PARTITI I MONDIALI…

lunedì, giugno 14th, 2010

da www.affaritaliani.it

Papparapapparapapparapappappà! Cominciano i Mondiali in Sudafrica: per chi tiferanno i Padani? Per molti, ma non per tutti… Sul tema i microfoni dell’emittente vicina al Carroccio hanno ricevuto centinaia di telefonate, mail e sms, alla fine è stata stilata la seguente classifica: prima per simpatie la nazionale Svizzera, seguita a breve distanza dagli Azzurri e poi dal Brasile, dalla Serbia, dall’Australia, dalla Germania e dalla Spagna. Ma come, italiani che non tifano Italia? E perchè mai??? Antipatia per il mister e per alcuni giocatori (Cannavaro e De Rossi in primis), superstipendi e poca umiltà, mancata convocazione di alcuni giocatori (Cassano, Totti e Ambrosini), utilizzo di eventuali vittorie calcistiche per coprire altri (e ben più gravi) problemi italici. Questi alcuni dei pareri “contro” ascoltati su Radio Padania Libera, che da lunedì sera seguirà in diretta tutte le partite dell’Italia con radiocronache sicuramente fuori dal comune.

In caso di vittoria parte del “premio mondiale” dei tiratori di palla verrà devoluto ai festeggiamenti per il 150° dell’unità d’Italia? “Meglio Paraguay che paraculi” sentenzia Francesco dalla provincia di Milano, un passato da calciatore dilettante e poca simpatia per la squadra azzurra. Valeria è juventina, chiama da Cagliari e “tifa Spagna perchè amo quella terra”, Franco è un veneziano nerazzurro e “tifa Germania perchè quello sì che è un Paese serio”. Andrea di Gavirate non si spiega “come un italiano non possa tifare per gli Azzurri, forza Italia!” mentre Silvana di Modena “proprio non ce la fa a tifare per questi straricchi, arroganti e presuntuosi”.

Marco di Casale Monferrato “tifa Inghilterra perchè non sopporta chi diventa patriota una volta ogni quattro anni” mentre Sally da Brescia “odia il calcio ma simpatizza per la Svizzera perchè lì il federalismo funziona, e bene, da anni”. Giorgio di Como “ama il cilcismo e quindi il singolo atleta, quindi mi piace Marchisio” mentre Gianni di Monza “tiferà per la Serbia perchè gioca bene a pallone e perchè politicamente è l’ultimo baluardo all’islamizzazione dell’Europa”. Antonella di Treviso è entusiasta dei Mondiali “perchè in giro la sera ci sarà poca gente e si potrà andare al cinema senza fare code, e comunque non potrei mai tifare per una Nazionale come quella italiana con giocatori pagati uno sproposito”. Billy fa l’autotrasportatore ed abita a Trento, tifa per il Verona e ai Mondiali quindi “non posso che tifare per la Danimarca che ha dato i natali a Elkjear, idolo della mia gioventù gialloblu”. Wellington è di origine brasiliana e tifa per la nazionale del Samba così come Alessandro (studente in Lingue a Milano, italo-brasiliano ed elettore leghista) avrà occhi solo per Ronaldinho e compagni.

L’Italia? Bocciata, “giocatori non all’altezza e un allenatore più fortunato che bravo”. Andrea di Milano ce l’ha con Cannavaro “capitano esterofilo che scapperà in Dubai” e anche per questo “tiferà Inghilterra per stima per il friulano Fabio Capello”. Ivana di Vicenza (e tifosissima del Milan) è una delle tante che “tiferà Australia, modello di integrazione, serietà e federalismo” mentre Luca di La Spezia (tifoso interista) sceglie la Svizzera “Paese serio” ed Enrica di Vercelli “tifa Brasile perchè non mi piace Lippi e la formazione da lui scelta”. Alessandro di Varese “tifa Italia anche se mi piace di più il basket” mentre Oscar di Lecco “tifa per il Brasile, l’alleria e le belle donne”. Carlo di Verona “è nato a Zurigo quindi tifa Svizzera” come Max di Genova: “Tifare bamboccioni strapagati e strafottenti? Per carità, forza Heidi e forza Svizzera”. Più ancor del Mondiale sono in tensione per gli spareggi in serie B e C diversi ascoltatori. “Chissenefrega di Cannavaro e compagnia, forza Brescia” esplode Francesco, mentre Sandra (vecchio cuore granata) lascia perdere le polemiche sudafricane “e ha il cuore allo spareggio di domenica per venire in serie A”.

Gianpaolo di Belluno è sportivo quindi “tifa per chi gioca bene, di qualsiasi nazione sia” mentre Luca di Bergamo “tifa Serbia, un popolo fiero non solo quando gioca a calcio”. Insomma un bel rebelott (come si dice a Milano) e simpatie calcistiche a 360 gradi fra gli ascoltatori di Radio Padania Libera. Ivana (tifosa milanista) di Sesto San Giovanni “tiferà Italia solo quando saremo finalmente una Repubblica seria e quindi federale”, Valter della Val Varaita “avrebbe tifato volentieri per la verde Irlanda”, Serafina “tifa per il Camerun perchè adora la cucina africana”, Renata di Bologna dice “forza Germania, quando gli italiani giocheranno in nazionale gratis e per orgoglio cambierò idea”, Walter (dal camion) tiferà per la Francia e Lucrezia di Torino “tiferà Olanda perchè non ha mercenari in campo, in televisione e in panchina”. Insomma un collage mica da poco, per qualcuno forse un “reato di lesa maestà calcistica”, per altri “solo un gioco su quello che comunque rimane un gioco”. Per chi tifo io? Sto facendo un pensierino alla Repubblica Popolare Democratica di Corea: lì gli stipendi dei calciatori sono sicuramente contingentati…

di Matteo Salvini