LEGA SALVINI PREMIER – LEGA LOMBARDA SEZ. MEDA

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IL MINISTRO DEL FEDERALISMO E’ BOSSI

giovedì, luglio 1st, 2010

«Il ministro del federalismo è Umberto Bossi». Così il ministro Giulio Tremonti ha risposto in conferenza stampa a un cronista che gli chiedeva dell’assenza del neo ministro Aldo Brancher. Il federalismo fiscale va fatto per evitare di dividere il Paese, ha spiegato Tremonti illustrando la relazione approvata dal Consiglio dei ministri.

PRIMA CASA – La tassa unica sugli immobili, che i Comuni potranno applicare nell’ambito del federalismo fiscale, non toccherà la prima casa, ha assicurato il ministro: «La prima casa resterà esente da ogni imposta». Ha poi parlato della cedolare secca sugli affitti: «È nel nostro programma elettorale e questo è il posto giusto per metterla dentro».

MANOVRA – Tremonti ha parlato anche della manovra economica, ribadendo che «uscirà dal Parlamento a saldi e soldi invariati». Lo ha detto uscendo dall’incontro con la maggioranza a Palazzo Madama: «Il Parlamento sta facendo un lavoro serio e solido, credo che il Paese possa stare tranquillo». E Bossi ha chiosato nella conferenza stampa dopo il Cdm: «È scoppiata la pace tra le Regioni e Tremonti. Anche le Regioni hanno digerito la manovra». Si è parlato anche della protesta dei magistrati, che hanno indetto per il 1° luglio uno sciopero contro i tagli. A questo proposito Tremonti ha annunciato la presentazione di un emendamento: «Credo che la categoria ne farà oggetto di considerazione» sostiene il ministro. Immediata la replica dell’Anm: «Prendiamo atto dell’emendamento annunciato dal ministro Tremonti, – dichiara il presidente Luca Palamara -, ma la protesta rimane confermata».

REGIONI – A proposito del vertice con i senatori di maggioranza, il capogruppo del Pdl Maurizio Gasparri, ha spiegato che l’incontro è servito a fare «una panoramica generale che passa dalle eventuali misure da fare anche in vista del federalismo fiscale, per un ulteriore contenimento della spesa pubblica, a quelle sulla sanità, la sicurezza». «Vedremo quali potranno tradursi in emendamenti dopo i primi undici presentati dal relatore Azzollini» aggiunge Gasparri. L’ex ministro spiega che «sul fronte delle Regioni il confronto prosegue con il governo, noi abbiamo fatto delle osservazioni su vari temi e mi pare che ci sia stata grande maturità nel riscontrare come la manovra risponda a canoni europei e debba ridurre la spesa pubblica, ma garantire una serie di servizi». Gasparri ricorda ancora che «sono stati presentati degli emendamenti del relatore, riteniamo che altri ne seguiranno». Per quanto riguarda il confronto con le Regioni, ripete, «attendiamo di vedere come proseguirà il dialogo con il governo. Noi daremo il nostro contributo».

CONTRARI – Ma i governatori restano sul piede di guerra. Per il presidente lombardo Formigoni l’emendamento presentato da Antonio Azzolini che prevede discrezionalità alle regioni a operare sui tagli «è un pezza peggiore del buco». Per Vasco Errani, governatore dell’Emilia-Romagna, i correttivi non solo non risolvono ma peggiorano il testo, in quanto «del tutto ingestibili. Serve un tavolo di lavoro comune e impegnativo con il governo: questo è il primo obiettivo».

ENTI LOCALI CHIEDONO INCONTRO AL PREMIER – E alla fine il dissenso si tramutava in una nuova iniziativa degli enti locali. Regioni, Province, Comuni e Comunità montane, tutte unite, chiedono infatti subito un incontro al presidente del Consiglio sulla manovra economica varata dal governo e ora all’esame del Senato. Obiettivo, giungere «ad una definizione condivisa di misure riguardanti le autonomie territoriali da inserire in sede di conversione» del decreto legge. «Il Governo deve rivedere la manovra finanziaria 2010-2012 per renderla più equa a tutti i livelli istituzionali»: sottolinea ancora Errani, nel corso di una conferenza stampa tenuta con il presidente dell’Anci, Sergio Chiamparino, dell’Upi, Giuseppe Castiglione e dell’Uncem, Enrico Borghi. La manovra, dicono i responsabili degli enti locali, è insostenibile per l’ampiezza dei tagli che vengono realizzati sulle diverse realtà territoriali. «Per questa ragione – sostiene Errani – confermiamo il nostro sì al saldo complessivo della manovra, ma chiediamo un riequilibrio dei tagli, che dovranno pesare di più sullo Stato centrale».

LO SMARCAMENTO DI 5 REGIONI A GUIDA PDL – All’interno però del fronte delle Regioni c’è però chi ancora una volta si smarca. I cinque governatori del Lazio, Renata Polverini, Campania, Stefano Caldoro, Calabria, Giuseppe Scopelliti, Abruzzo, Giovanni Chiodi, e Molise, Michele Iorio, si dicono infatti convinti «che debba continuare il confronto con il Governo» e, nell’ambito delle decisioni della Conferenza delle Regioni, pongono alcuni temi specifici in merito alla manovra finanziaria. I Presidenti, dopo un incontro che si è svolto questa mattina presso la sede della presidenza della Regione Lazio, «mantengono una linea propositiva improntata alla coesione e all’unità di intenti».

da www.corriere.it

ORA I MINISTERI AL NORD

mercoledì, giugno 30th, 2010

Non possiamo solo pagare e non avere niente, dobbiamo anche contare e il fine ultimo è portare un ministero a Milano, quello delle Finanze. E poi quello dell’Industria a Torino e per esempio quello del Turismo a Venezia». Dopo Pontida, Umberto Bossi torna a puntellare il suo nuovo obiettivo: si chiama, in gergo tecnico, “capitale reticolare”, ma per il Senatur il trasferimento dei centri di potere deve andare in una sola direzione, verso il Nord.

Ancora in mezzo alla bufera del caso Brancher, che tanto ha indignato su siti e media, il popolo leghista, il leader del Carroccio cerca di deviare l’attenzione e di riportarla su temi più in sintonia con gli umori della sua base. Così torna a issare la bandiera della Padania e di un’eventuale secessione con la «forza»: «Noi siamo destinati a veder nascere la Padania – arringa nel corso di un’intervista ad affaritaliani.it –, non c’è santo che tenga. La Padania sta a noi se farla in maniera pacifica o violenta: io preferisco la via pacifica, perché per l’altra via c’è sempre tempo a utilizzarla. Noi vogliamo che la gente capisca che bisogna cambiare per dare ai nostri figli un sistema migliore di quello romanocentrico».

Intanto il neoministro Aldo Brancher – sotto il tiro delle opposizioni, che ne chiedono in coro le dimissioni – fa sapere di non avere alcuna intenzione di lasciare l’incarico. «Ribadisco il mio parere assolutamente fermo contro la richiesta di dimissioni», ha ripetuto ieri tornando a difendere il proprio operato: «La vicenda è stata strumentalizzata – ha argomentato -. Non so chi ha sbagliato, ma chi ci ha marciato mi sembra evidente. Avevo chiesto già tre volte un rinvio dell’udienza per i miei impegni da sottosegretario e questa era un’ulteriore richiesta. Non ho preso in giro nessuno». I suoi legali fanno inoltre sapere che lunedì prossimo presenteranno ai giudici la formale rinuncia al legittimo impedimento. Non è invece ancora chiaro se il ministro si presenterà lo stesso giorno nell’aula del tribunale.

A complicare la storia, già controversa, di questa nomina è poi la ricostruzione della sua genesi. È lo stesso Brancher a rimandare i giornalisti a un’intervista concessa ieri dal ministro Calderoli al Corriere della sera. In sintesi, il ministro leghista racconta che «per Bossi l’opzione principale» era Brancher alle Politiche agricole e Galan allo Sviluppo economico. «Ma questa ipotesi non si è realizzata per problemi di equilibri interni al Pdl – spiega Calderoli –. A quel punto si è parlato di ministro senza portafoglio». Tanto basta per far esplodere gli esponenti di opposizione: «È la dimostrazione che la nomina di Brancher prescinde dalle reali necessità del governo». «È una truffa istituzionale, da questa situazione si può uscire solo con le dimissioni di Brancher da ministro» tira le conclusioni il vicesegretario del Pd Enrico Letta. Mentre il capogruppo di Idv, Massimo Donadi, rilancia la proposta di una mozione di sfiducia unitaria delle opposizioni. Con la postilla che Idv ne presenterà comunque una in caso di mancato accordo. È però qui che il coro delle opposizioni diventa un insieme di voci discordanti. L’Udc Michele Vietti non scioglie le riserve: i centristi sono infatti restii a un’iniziativa parlamentare assieme a Di Pietro. E lo stesso Pd, nonostante Franceschini e Donadi si siano trovati d’accordo sull’idea di presentare un documento comune, esita: «Dobbiamo evitare – osserva il vicecapogruppo Alessandro Maran – che la vicenda Brancher finisca per rafforzare il centro-destra e per indebolire il centro-sinistra, con una sua divisione». Oggi si riuniranno i gruppi di opposizione per la decisione. Quanto a incarico e deleghe ancora mancanti, Brancher scarica la colpa su Palazzo Chigi: fa parte delle competenze della presidenza del Consiglio – spiega -. Le deleghe diventano ufficiali e definitive quando vengono pubblicate sulla Gazzetta ufficiale: non sono certo io che devo pubblicare questa cosa».

A MILANO IL MINISTERO DELL’ECONOMIA?

martedì, giugno 29th, 2010

La Lega Nord rilancia il concetto di ‘capitale reticolare’. E Umberto Bossi sceglie il quotidiano online Affaritaliani.it per chiedere che il ministero dell’Economia venga spostato a Milano. “Dopo il federalismo verrà il momento del decentramento dei ministeri. Non sarà facile – ammette il Senatùr, perché tutti saranno contro di noi”. Infatti “non è mai possibile non avere un ministero a Milano?”, si è chiesto il ministro delle Riforme. “Non possiamo solo pagare e non avere niente, dobbiamo anche contare e il fine ultimo è portare un ministero a Milano, quello delle Finanze. E poi quello dell’Industria a Torino e per esempio quello del Turismo a Venezia”.

 

Il leader del Carroccio torna anche sul concetto di Padania. “Noi siamo destinati a veder nascere la Padania, non c’è santo che tenga. La Padania – ha aggiunto – sta a noi se farla in maniera pacifica o violenta: io preferisco la via pacifica, perché per l’altra via c’è sempre tempo a utilizzarla, ma ora bisogna portare a casa il più possibile in Parlamento”.

 

Così come “avevano fatto i romani costruendo il Colosseo anche nel calcio il meccanismo della Nazionale è di far dimenticare alla gente i veri problemi: noi invece vogliamo che la gente capisca che bisogna cambiare per dare ai nostri figli un sistema migliore di quello romanocentrico”, ha spiegato Bossi parlando del flop della Nazionale ai Mondiali di Calcio in Sudafrica. Il Senatùr ha sostenuto che già “si vedeva che erano una squadra e un allenatore sbagliati. Ed è per questo motivo che quando un giornalista me lo ha chiesto ho risposto, scherzando, che per vincere l’Italia avrebbe dovuto comprare delle partite. Ed è successo il finimondo”.

 

da www.affaritaliani.it