Tra Kyenge e La Padania, nessun razzismo solo politica
gennaio 16th, 2014 at 11:16di Davide Vecchi, tratto da “il Fatto Quotidiano” del 14 gennaio 2014
Abbiamo lottato contro la legge bavaglio. Ci strappiamo le vesti e gridiamo alla libertà negata ogni qual volta un politico si scaglia contro un quotidiano. Ci siamo sorbiti per mesi le dieci domande di Repubblica a Berlusconi, per settimane accuse varie (solitamente infondate) a Grillo, le campagne false de Il Giornale contro Fini e Boffo, tanto da vedere ormai inserito nel lessico quotidiano il “metodo Boffo” come sinonimo di falsa campagna denigratoria.
Però “è la stampa bellezza”. E va bene così, la libertà di espressione deve essere garantita a tutti. E poi chi sbaglia paga, quando la giustizia arriva puntuale. Un breve preambolo necessario a spiegare il perché io ritengo che la rubrica “qui Cecile Kyenge” pubblicata dal quotidiano La Padania sia non solo legittima ma più che lecita e sacrosanta.
I senatori del Pd, Mauro del Barba e Roberto Cociancich, che hanno definito “gravissima, ai limiti dell’intimidazione” e “di stampo razzista” la rubrica, sono gli stessi che hanno come giornale di riferimento l’Unità, quotidiano che negli ultimi anni ha usato toni ben più aggressivi nei confronti dei propri avversari politici. La Padania è un quotidiano politico, espressione di un partito politicochiaro e definito, quindi fa il suo mestiere così come lo fa l’Unità. E riportare l’agenda di un ministro è legittimo. Si dirà: ma se poi salta fuori il pirla di turno che prova ad aggredirla? Ognuno risponde delle proprie responsabilità, è accaduto a Tartaglia con la statuetta a Berlusconi: era forse colpa di qualche giornale? Siamo tutti uguali, tutti con gli stessi diritti e doveri. Posso criticare la scelta della Padania e non comprarla, e se davvero pubblicasse contenuti xenofobi o razzisti andrebbe sequestrata la testata. Ma ci sono delle leggi chiare e una giustizia che fa il suo mestiere, i politici facciano il loro ché sarebbe anche l’ora.
Attaccare sdegnati Calderoli perché definisce la Kyenge un orango è a mio avviso condivisibile (anche se mi sconvolge di più il fatto che sia li padre del Porcellum, voglio dire: come siamo ridotti?) ma scagliarsi contro un quotidiano che fa il proprio mestiere per me è sbagliato. Senza se e senza ma. E ha ragione il direttore del La Padania, Aurora Lussana, a definire le richieste di cancellare la rubrica “qui Cecile Kyenge” una pretesa “immunità razziale”. Perché a sentire le critiche sembra che la Kyenge sia sotto attacco solo per il colore della pelle, quando in realtà la Lega ne contesta la poltrona: quel ministero dell’integrazione che, per motivi prettamente politici, non condivide. Ma è appunto solo politica. Come il milione di posti di lavoro promesso da Berlusconi, la ripresa economica annunciata da Monti e il taglio ai vitalizi sbandierati da Enrico Letta. Qualcuno li prende sul serio, qualcuno no. Semplice. Si chiama democrazia.
E la Kyenge lo sa bene, tant’è che ha commentato: “La Padania chi? Non so chi sia la Lega Nord, saranno cittadini e fanno quello che vogliono”