LEGA SALVINI PREMIER – LEGA LOMBARDA SEZ. MEDA

Archive for the ‘Politica’ Category

RIMANGONO LE PROVINCE

venerdì, giugno 11th, 2010

da http://iltempo.ilsole24ore.com

Cancellato dalla Carta delle autonomie il taglio delle mini-province. Il relatore del testo e presidente della commissione Affari costituzionali della Camera, Donato Bruno, ha presentato un emendamento che sopprime l’articolo 14 del testo secondo il quale si sarebbe dovuto razionalizzare il sistema delle province. Di Bruno era un emendamento, votato due giorni fa, che stabiliva in 200mila il numero minimo di abitanti di una provincia. Di fatto, tutte quelle al di sotto sarebbero dovute saltare. A rischio erano rimaste solo quattro province. Adesso resteranno anche quelle. In questo senso, si era espresso ieri il segretario della Lega Umberto Bossi, ministro per le Riforme.

BERLUSCONI E LA COSTITUZIONE: VA MODIFICATA?

giovedì, giugno 10th, 2010

Un’architettura istituzionale che rende “un inferno” la vita di chi deve governare, una Costituzione scritta 60 anni fa e che sconta i “compromessi di matrice catto-comunista”, soprattutto sulla parte relativa alla libertà d’impresa, in particolare l’articolo 41 ormai “datato” e che dunque va modificato. Silvio Berlusconi sceglie l’assemblea di Confartigianato per annunciare una “stagione di liberalizzazioni” che liberino l’Italia e gli imprenditori, la “spina dorsale del Paese”, da quella che il premier definisce “l’oppressione giudiziaria, fiscale e burocratica”. Tutta colpa della “cultura comunista” che per Berlusconi informa la Costituzione e che soprattutto negli anni ’70 “è stata improntata al sospetto verso l’uomo e le sue iniziative”, verso l’imprenditore visto come “sfruttatore ed evasore”. Parole che provocano la reazione delle opposizioni. Pierluigi Bersani fa notare che il premier, assumendo l’incarico, “ha giurato sulla Costituzione: se non gli piace vada a casa”. Duro anche Antonio Di Pietro: “Solo nei modelli fascisti si può fare a meno delle regole costituzionali e del Parlamento”. Ma chi difende il premier è l’alleato Umberto Bossi: Costituzione ‘datata’? “La stiamo cambiando proprio per questo motivo”. Sulle intercettazioni “la fiducia era quasi inevitabile”, dice il ‘Senatur’ quanto alla decisione di porre la fiducia sul provvedimento al Senato. “Non crea problema con l’opposizione. Le riforme – osserva il leader del Carroccio – sono troppo importanti. Le opposizioni non pososno invocare delle scuse”. Un clima in cui il premier si riconcilia platealmente con Emma Marcegaglia, abbracciandola e baciandola arrivando all’Auditorium della Musica. E poi, da imprenditore tra gli imprenditori, Berlusconi lamenta le difficoltà “che appaiono insormontabili” nell’attività del Governo: “Vista da dentro è un inferno”, “abbiamo un’architettura istituzionale che rende difficilissimo trasformare i progetti in leggi compiute e operanti dello Stato. I tempi sono incredibili”. Ma Berlusconi un altro progetto lo annuncia anche oggi: una “stagione di liberalizzazioni” che elimini “permessi, autorizzazioni e licenze” per svolgere un’attività economica, roba “da Stato totalitario”: l’obiettivo è arrivare ad un sistema per cui “basterà una comunicazione allo sportello unico dell’impresa”. Domani sarà approvato dal Cdm il regolamento per lo sportello unico, poi “entro l’autunno” sarà legge lo statuto delle Pmi, con “il limite massimo alla pressione fiscale”.

MONDIALI IN ARRIVO…

martedì, giugno 8th, 2010

da www.repubblica.it

VILLAFRANCA IN LUNIGIANA (MASSA CARRARA) – Si apre un nuovo capitolo della “battaglia” leghista contro le grandi cifre del calcio. Sulla scia della proposta del ministro Roberto Calderoli di far tirare la cinghia anche al mondo del pallone, a Villafranca Lunigiana (Massa Carrara) un consigliere comunale della Lega Nord, Roberto Malaspina, ha promosso una petizione popolare per ridurre gli ingaggi dei calciatori di serie A e B e per tagliare i premi per la nazionale di Lippi. “Buffon e Cannavaro dovrebbero vergognarsi per aver criticato Calderoli – ha detto Malaspina – perché in Italia migliaia di famiglie non arrivano a fine mese, e i giocatori vivono nel lusso con ingaggi da nababbi e premi stratosferici. Bisogna intervenire anche nei confronti della Figc, che elargisce queste magnificenze riprovevoli”. Secondo il consigliere leghista, la riduzione degli ingaggi e il taglio dei premi dovrebbero alimentare “un fondo di solidarietà per disoccupati, cassintegrati e famiglie in povertà”. Con la promessa di discutere con lo stesso Calderoli su come estendere la petizione a tutta l’Italia, Malaspina ha ribadito che “bisogna darsi tutti una regolata”, invitando i calciatori a fare la loro parte. Il consigliere leghista, 54 anni ed ex-sindaco di Mulazzo, non è nuovo a iniziative di questo genere. Nei giorni scorsi aveva scritto a sindaci, assessori, consiglieri dei comuni della provincia di Massa Carrara e ai rappresentanti delle aziende partecipate per ridursi le indennità del 10% e far affluire i soldi pubblici risparmiati nel costituendo fondo di solidarietà.

SALVINI “NON SO PER CHI TIFERÒ, MA NON PER L’ITALIA” – “Calcisticamente parlando conosco solo il rosso e il nero. Gioisco, soffro e mi incazzo solo per il Milan. Al limite per il Brescia, il Verona o il Torino. Per le nazionali non ho mai avuto un grande interesse, anche se in passato l’Italia ha vinto meritatamente e sono stato contento. Quest’anno però la squadra mi sembra piuttosto scarsa. Quindi, siccome mi piace il bel gioco, devo ancora decidere se fare il tifo per il Brasile, l’Argentina, la Germania o la Repubblica Federale Elvetica. Certo non per l’Italia”. Queste le parole dell’europarlamentare della Lega Nord Matteo Salvini, che aggiunge un altro tassello alla polemica di questi giorni tra la nazionale italiana e il partito che fa capo a Umberto Bossi.

DONADI: “CALDEROLI TENTA DISTRAZIONE DI MASSA” – “Calcio e politica, binomio perfetto per tentare un’operazione di distrazione di massa. Calderoli ha lanciato una proposta per conquistare un pò di spazio mediatico e per tentare di distrarre gli italiani dai pesantissimi tagli della manovra e dai veri problemi del Paese”. Lo afferma il capogruppo Idv alla Camera Massimo Donadi. “E’ vero – ha continuato – che alcuni stipendi suonano offensivi, così come è vero che il giro di denaro nel calcio è eccessivo in alcuni casi, ma la politica in questo momento difficile deve occuparsi di cose più serie. La manovra così com’è concepita è pessima, punisce e chiede sacrifici sempre agli stessi che hanno già pagato e non prende di mira evasori e speculatori. E’ priva di misure strutturali e per il rilancio dell’economia. Il governo si occupi di questo”.

ENRICO LETTA: “IL MINISTRO SI OCCUPI D’ALTRO” – “Che nel calcio ci sia bisogno di tagliare e di maggiore autorità è un fatto noto a tutti. Ma Calderoli è il ministro della Semplificazione, e dovrebbe occuparsi di altre cose”. A sostenerlo, a margine di un incontro su calcio ed economia, è l’esponente del Pd Enrico Letta, secondo cui il sistema calcio “non è un mondo a parte” e, in una situazione economica difficile come quella attuale può rappresentare una “ripartenza” da sfruttare a vantaggio di tutti, “per la competitività, per creare posti di lavoro, per attirare investimenti anche dall’estero”. E il punto cruciale di questa ripartenza sono gli impianti, gli stadi: “una questione centrale ed essenziale”.

MELANDRI: “NON SA DI COSA PARLA” – Non si fermano le reazioni alle dichiarazioni del ministro Calderoli. Il deputato del Pd, ed ex ministro dello Sport, Giovanna Melandri, ha affermato che “forse la boutade sui premi ai calciatori serve proprio come diversivo per distogliere l’opinione pubblica da questa manovra, tanto ingiusta per ciò che contiene e tanto miope per ciò che non prevede, come una politica per la crescita”. Secondo la Melandri, “così dicendo il ministro dimostra di non volere affatto bene, come del resto il figlio di Bossi, alla nazionale italiana e, soprattutto di non conoscere minimamente ciò di cui parla, visto che non sa che i premi alla nazionale vengono definiti dalle risorse indicate dalla Fifa”. La democratica apre, invece, a un’eventuale riforma del calcio europeo, “finalizzata ad introdurre dei salary caps (dei tetti agli ingaggi dei singoli calciatori) come già avviene negli Stati Uniti per i giocatori di basket del Nba”. La Melandri ha poi ricordato che proprio in quella direzione si era già mosso il governo Prodi in Europa. “E’ questo ciò che intende dire Calderoli? Ciò presupporrebbe, però, un impegno serio di politica sportiva. Un impegno che questo governo difficlmente può assumersi con credibilità, visto – ha concluso la Melandi – che la prima misura che ha adottato è stata la soppressione del Ministero dello sport”.

CRIMI: “PREMI NON GRAVANO SU TASCHE ITALIANI” – “Come accaduto per il Mondiale del 2006, l’eventuale premio ai giocatori della Nazionale deriverebbe da un contributo della Fifa, e non graverebbe sulle tasche degli italiani. Piuttosto sono d’accordo con la proposta di Calderoli di porre un tetto agli ingaggi dei calciatori”. A dirlo è il sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega allo sport Rocco Crimi, che conferma così la tesi della Melandri secondo cui non ci sarebbe un collegamento diretto tra l’attuale crisi economica e i premi per gli azzurri.

RONCHI: “DICHIARAZIONI FUORI TEMPO E LUOGO” – A mostrare contrarietà nei confronti delle parole di Calderoli sono anche altri esponenti della maggioranza. “Trovo queste dichiarazioni fuori tempo e fuori luogo”, ha detto il ministro per le Politiche europee, Andrea Ronchi. “La risposta più significativa l’ha data l’allenatore del Palermo Delio Rossi: nel calcio ci sono stipendi folli e un’eccessiva esterofilia che fa molto danno al calcio e blocca moltissimo i giovani italiani. Non c’è da stupirsi se abbiamo una nazionale di vecchi. La moralizzazione è dunque giusta, tuttavia avrei preferito un appello all’Italia perchè possa vincere i Mondiali e sperare nella grande vittoria del tricolore”, ha proseguito Ronchi. “Credo che il calcio – ha concluso il ministro – debba trovare qualche forma di solidarietà consona al momento economico difficile, ma data la vicinanza delle polemiche sul 2 giugno, mi lascia perplesso la continua presa di distanza della Lega da tutto ciò che distingue l’Italia come nazione”.

FORMIGONI: “UNA PROPOSTA STRANA” – “Francamente mi sembra un pò strana la proposta di Calderoli”. Sono le parole del presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni, a margine dell’assemblea di Federchimica. “Premesso che mi sembra giusto che anche i calciatori debbano sopportare la loro parte di sacrifici – ha detto – mi sembra un pò strano entrare in un rapporto tra privati come quello tra calciatori e società, che regolano il loro rapporto come meglio credono”.

CAMPANA: “DISCORSO DEMAGOGICO” – “A me sembra che l’intervento di Calderoli abbia molto di demagogico. Bisogna essere molto informati prima di dare giudizi di questo tipo”. Sergio Campana, presidente dell’Assocalciatori, risponde così al ministro Roberto Calderoli, che ieri ha esortato il mondo del calcio a rinunciare ai premi e tagliare gli stipendi. “Forse il ministro non sa che in Italia ci sono 5000 professionisti del calcio, e i miliardari probabilmente sono meno dell’1%”, ha detto Campana, ricordando che negli ultimi anni ci sono stati “ridimensionamenti notevoli, per non parlare della serie B e della prima e seconda divisione dove ci sono stipendi assolutamente normali”, e che i calciatori sugli stipendi pagano le tasse. Il presidente di Assocalciatori ha poi aggiunto che a tirare la cinghia dovrebbero essere anche altre categorie, tra cui i protagonisti dello spettacolo (come attori e conduttori televisivi) e, per restare in ambito sportivo, anche i grandi campioni della F1 e del golf. “Ma fare un discorso sui calciatori dà sempre molta più popolarità. Calderoli sapeva benissimo che parlare in un certo modo del calcio avrebbe dato visibilità e attenzione, quindi non ha sbagliato i suoi calcoli”, ha concluso Campana.

PESCANTE: “ECCESSO DI POPULISMO” – D’accordo con Campana anche il vicepresidente del Cio Mario Pescante: “Stavolta credo che Calderoli, persona che stimo moltissimo, abbia ecceduto un pò in demagogia e in populismo”. Ma Pescante frena subito e trova una giustificazione alle parole del ministro. “E’ comprensibile – ha detto – che da parte di chi riveste un ruolo istituzionale ci sia un tentativo di responsabilizzare un pò tutte le categorie in un momento difficile, tenuto conto che sono stati imposti sacrifici agli italiani. Quando parliamo di calcio a questi livelli, parliamo di spettacolo, e nel mondo dello spettacolo c’è chi ottiene retribuzioni sicuramente di importo non minore. Nel calcio, poi, si tratta di denaro che arriva dal settore privato. Io rafforzerei piuttosto l’appello destinato ai settori dello spettacolo che ricevono denaro pubblico. Mi concentrerei su altre categorie”. Pescante ha poi voluto concludere con un avvertimento: “Se le retribuzioni dei calciatori scendono in Italia, i giocatori di primo livello se ne vanno in altri paesi. Non so quanto questo argomento sia persuasivo tra i tifosi”.

LOTITO: “FEDERAZIONE STA GIA’ CAMBIANDO” – Secondo il presidente della Lazio Claudio Lotito, “in un momento di grande difficoltà economica globale ognuno deve fare la propria parte: bisogna che diano dei messaggi innanzitutto quei campioni che devono essere tali prima nel mondo civile che nel calcio. La Federazione, però, ha già intrapreso un percorso di cambiamento per cercare di riportare le persone con i piedi per terra, attraverso degli adempimenti obbligatori per tutte le squadre”.

PETRUCCI: “CALCIO PRIVATISTICO E AUTOSUFFICIENTE” – E’ dello stesso parere anche il presidente del Coni Gianni Petrucci. “Rispetto le idee di tutti, anche quelle di Calderoli. Il Coni e le altre federazioni – ha ricordato – hanno già applicato un contenimento dei costi. Ma il calcio è un mondo privatistico, dove vige la legge della domanda e dell’offerta, e dove le società pagano le tasse allo Stato per un valore del 50%. E’ un mondo autosufficiente che non mi permetto di giudicare”.

BOSSI FRENA SULLE PROVINCE

venerdì, maggio 28th, 2010

E nella manovra di cui non si riesce a leggere il testo arriva anche il giallo serale. L’annunciata abolizione di 10 Province viene smentita a tarda sera davanti ai parlamentari del Pdl da Tremonti e Berlusconi: “E’ una notizia falsa. Nella manovra economica varata dal governo non ci sarà nessuna abolizione”, dice il ministro. E a lui si sarebbe unito il premier spiegando che per farlo ci vorrebbe una modifica costituzionale.

Contrordine, dunque. E cala la tensione nelle 10 Province delle quali si calcolava l’abolizione secondo quanto riportato dallo stesso sito del ministero dell’Economia nel quale si spiega che “sono abolite 10 piccole province, con meno di 220.000 abitanti, non ricadenti in Regioni a statuto speciale”. Secondo quanto si è appreso, le modalità di calcolo della popolazione per individuare quali sono le provincie interessate faranno riferimento alle statistiche Istat.

E’ proprio a questo che qualche ora prima si riferiva Umberto Bossi con l’aria di quello che un po’ sta scherzando, usando però l’espressione “guerra civile” che in una battuta ci sta stonata. Guerra civile “se toccano Bergamo”, dice infatti il Senatur dopo la conferenza stampa con la quale Giulio Tremonti e Silvio Berlusconi hanno illustrato i contenuti della manovra. Il leader del Carroccio risponde ai cronisti che gli chiedono della proposta, avanzata dai parlamentari finiani con una lettera aperta sul Secolo d’Italia, di “tagliare” tutte le province (mentre la manovra si è fermata a quelle inferiori ai 220 mila abitanti con l’esclusione di quelle frontaliere). Ma sulla questione “non ci sono novità”, commenta Bossi, aggiungendo che “andare oltre sarà difficile” e che “se uno prova a tagliare la provincia di Bergamo, scoppia la guerra civile”.

da www.repubblica.it

PRIMI COMMENTI SULLA FINANZIARIA

giovedì, maggio 27th, 2010

“Ci sono alcune province che non sono toccabili, bisogna trovare la via possibile. Se mi toccano la provincia di Bergamo dobbiamo fare la guerra civile”. Così il ministro delle Riforme Umberto Bossi, con accanto il bergamasco Roberto Calderoli, replica ai cronisti che gli chiedono se è possibile arrivare all’abolizione di tutte le province.

E sempre sull’abolizione delle Province interviene anche il ministro dell’Economia Tremonti, che alla riunione alla Camera con Silvio Berlusconi e i parlamentari del Pdl ha stoppato sul nascere una domanda sull’abolizione delle Province, spiazzando i presenti: “Non ci sarà l’abolizione delle Province”, ha detto il responsabile di via XX Settembre. “Ho letto cose false, quello che dovevo dire l’ho detto in conferenza stampa e con gli atti ufficiali”, ha aggiunto Tremonti, sempre parlando delle Province.

 

Tornando a Bossi, “Tremonti ha buttato sul campo una manovra dura, tanto che Berlusconi all’inizio era un po’ preoccupato. Ma ora dice che è la sua manovra”, aggiunge il Senatùr parlando con i cronisti in Transatlantico. Insomma, per Bossi la manovra è fatta di “sacrifici necessari, però è anche abbastanza equilibrata perchè tocca tutti”. Quanto alla possibilità di modificarla in qualche punto, “vediamo in Commissione, quello che ci mettono dentro e come intervengono anche gli altri”.

Il leader della Lega nega però malumori, soprattutto nel nord: “No, se è l’unica via per stare in piedi… E poi abbiamo anche l’Europa che ci costringe a intervenire”. Tuttavia “oggi anche all’Osce hanno detto che è una buona manovra, non muore nessuno”.

Un intervento necessario, per Bossi, soprattutto perchè “prima eravamo solo noi ad avere un debito così alto e a fare le aste dei titoli di Stato. Oggi le fanno tutti, e se l’Italia non è capace di ridurre le spese rischiamo che gli investitori vanno negli Usa o in Germania. Non potevamo farci tagliare fuori. E’ dura, ma bisogna passare di lì”.

“Di solito pagano quelli che è più facile prendere, poi sicuramente bisogna stare attenti a far pagare tutti, non solo i più poveri perchè è più facile prenderli…”, aggiunge poi Bossi.

 

da  http://quotidianonet.ilsole24ore.com

ANCORA SCINTILLE TRA LEGA E UDC

lunedì, maggio 24th, 2010

Casini manda messaggi a tutti. Dal palco dell’antico albergo umbro di Todi, il leader dell’Udc chiude la tre giorni di convention analizzando lo scenario politico a 360 gradi. Si rivolge a Silvio Berlusconi e alla sua maggioranza, parla all’opposizione, attacca la Lega e detta la linea ai centristi sul futuro del partito ma, la cosa sulla quale calca maggiormente la mano, è smentire il «gossip» di un possibile ingresso dell’Udc nell’attuale governo: «Sarebbe vecchio e immorale – dice Casini – se qualcuno di noi coltivasse l’idea che dopo aver preso voti per stare al centro, in opposizione a Berlusconi, oggi si rifluisse nel suo governo. Non perdo nemmeno tempo a discutere, le considero idee umilianti». Una posizione netta, almeno a parole, dettata anche dal fatto che, se l’Udc rientrasse nell’esecutivo, si troverebbe come alleati quei nordisti verso i quali, anche ieri, Casini ha speso parole molto dure: «Il Paese è prigioniero della Lega che detiene la “golden share dell’alleanza” e per questo Berlusconi non può far altro che assecondarli. Per questo Bossi non vuole la riconciliazione nazionale, ma lo scontro cannibalesco». Parole che non turbano minimamente il leader della Lega che, intervenendo a margine del 158° anniversario della fondazione della polizia a Varese, ha nuovamente respinto l’ipotesi di un allargamento della maggioranza verso i centristi: «Io temo che l’Udc faccia come nel passato quando ogni giorno se ne inventava una per far casino. In quel caso lì è meglio che non venga». E aggiunge: «È chiaro che, se l’Udc va via dalla sinistra, la sinistra finisce nelle mani della sinistra estrema però, se viene da noi a fare i casini del passato, mette nei pasticci anche noi». Casini poi, dopo aver chiesto al premier un «patto per l’Italia» che metta fine alla sindrome dell’autosufficienza della maggioranza e dopo aver tirato le orecchie ai colleghi dell’opposizione accusati di non assumersi le proprie responsabilità nell’attuale fase di crisi, si rivolge al proprio partito. Ai suoi non promette «garanzie» ma richiede il cambiamento necessario «per contare, esistere ed essere protagonisti. Senza nostalgie». Casini mette sul piatto la rinuncia al proprio nome sul simbolo («non credo ai partiti personalistici») e anche la disponibilità ad abbandonare lo scudo crociato («So che mi devo misurare con giovani che non hanno votato quel simbolo storico della Prima Repubblica«), anche se questa decisione spetterà al partito. Casini così chiede un nuovo inizio per il centrismo italiano e annuncia lo spirito del «Partito della Nazione»: «Dovrà interpretare il sentimento e il senso di unione nazionale».

NO ALL’UDC

sabato, maggio 22nd, 2010

da www.ilsole24ore.com

A giudicare dalle lapidarie parole del Senatur il matrimonio tra Pdl e Udc proprio non s’ha da fare per il Carroccio. Visto che Umberto Bossi ha inviato ieri l’ennesimo messaggio al Cavaliere stoppando sul nascere l’idea di un allargamento dell’esecutivo ai centristi. «L’ingresso dell’Udc nel governo alla Lega non piace». Repetita iuvant, avrà pensato il leader lumbard che ribadisce ormai a ogni piè sospinto la sua contrarietà a un possibile apparentamento tra Pdl e Udc. E che ieri è arrivato addirittura a scomodare il Vangelo per far capire come l’ipotesi di un matrimonio con i centristi proprio non sia contemplata dalla Lega. «Come si dice… è più facile che un cammello entri nella cruna di un ago».

Lo stop del Senatur non provoca però grossi scossoni dalle parti dei centristi, riuniti da ieri a Todi per la tre giorni di seminario organizzata dalla fondazione “Liberal” di Ferdinando Adornato. Che risponde per le rime al leader leghista. «In attesa che Bossi cammini sulle acque del Po diciamo che Bossi cammini sulle acque del Po diciamo che questo governo non è il regno dei cieli. Non abbiamo nessuna intenzione di entrarci e non ci entreremo». Ironia in salsa centrista per ribadire che l’Udc, almeno per ora, non ha intenzione di abbandonare l’opposizione. Tanto che anche il segretario centrista, Lorenzo Cesa, coglie la palla al balzo per spiegare che «Bossi ha perfettamente ragione. È vero che l’Udc non entrerà mai in questo governo. Come sempre Bossi manda messaggi non a noi, ma a Berlusconi». Da Todi, comunque, i centristi provano a costruire la road map del nuovo “partito della nazione”. Il cui identikit è affidato proprio ad Adornato. «Non sarà un restyling dell’Udc – dice – ma un grande partito cristiano e liberale che si candidi a governare l’Italia del XXI secolo». Un partito «di ispirazione cristiana» certo, ma, avverte il presidente di Liberal, «non saremo il partito della Chiesa».

Quanto a possibili canali di dialogo con le altre forze parlamentari Adornato pesa attentamente le parole. «Non abbiamo invitato altri movimenti o soggetti politici.

Non lo abbiamo fatto – precisa – perché risulti chiaro che non vogliamo far nascere il nuovo partito come somma di organigrammi e di nomenklature». Poi si rivolge all’Api di Rutelli, come pure alle organizzazioni che nasceranno oltre il Pd ma anche oltre il Pdl, per lavorare a un identico binario. «Da qui – prosegue – lanciamo un progetto per le prossime politiche: lavoriamo per costruire insieme un grande rassemblement riformista, una nuova grande alleanza, che si candidi, oltre al Pd e al Pdl, al governo del paese. Marciamo oggi distinti ma non distanti per colpire domani insieme». Ma, sia chiaro, chiosa Adornato, «noi non abbiamo proposto un allargamento della maggioranza, ma un nuovo governo di responsabilità».

Insomma, pochi dubbi sulla linea futura. E per ora l’ipotesi di un ingresso al governo sembra archiviata. Vero è che il Cavaliere ha apprezzato l’atteggiamento responsabile di Casini e dei suoi sugli ultimi provvedimenti parlamentari. Così come è vero che, subito dopo le dimissioni di Scajola, Berlusconi ha provato, mandando in campo i suoi migliori ambasciatori, a convincere Casini a rientrare nella maggioranza. Il numero uno dell’Udc, però, ha risposto picche. Ponendo chiare condizioni: cioè la richiesta di un forte segnale di discontinuità che non sembra per ora rientrare nella strategia del Cavaliere. Per questo l’Udc è decisa a proseguire lungo la svolta del partito della nazione: domani Casini lo ribadirà con forza.

IL FEDERALISMO DEMANIALE

venerdì, maggio 21st, 2010

Cosa significa “federalismo demaniale”?

È opportuno descriverlo con un esempio. Nel vissuto di ognuno di noi c’è l’esperienza di avere visto immobili dello Stato abbandonati o sottoutilizzati: una villa storica, una caserma, una spiaggia. E chi non ha provato un senso di sgomento nel constatare che quello che avrebbe dovuto essere un bene di tutti in realtà era diventato una cosa di nessuno?

 Il federalismo demaniale mette fine a questo scempio, perché è un federalismo di “valorizzazione” nel quale i beni vengono restituiti ai territori: ai Comuni alla cui storia sono legati, alle Province e alle Regioni che possono meglio valorizzarli, assumendosene la responsabilità di fronte ai propri elettori. I processi di valorizzazione dovranno, infatti, essere pubblicati sui siti istituzionali degli enti locali, che potranno coinvolgere la popolazione anche attraverso sondaggi o veri e propri referendum consultivi riguardo a come intervenire rispetto a questi nuovi beni ricevuti.

Questa trasparenza e questa responsabilizzazione sarebbero impossibili con un gestore statale: lo Stato è, da un lato, troppo lontano per indovinare cosa vuole la gente, e, dall’altro, troppo implicato in tante altre cose per essere efficacemente controllato con il voto di un elettore. Difficilmente, infatti, un elettore sarebbe indotto a cambiare il proprio voto a livello nazionale, se in un Comune, una caserma dismessa venisse male valorizzata dallo Stato.

 Ma se è il Comune a doversi assumere la responsabilità di fronte all’elettore, allora il controllo popolare diventa infinitamente più efficace: in quel Comune, di fronte a quel fatto, l’elettore potrebbe decidere di votare diversamente. L’effetto di maggior controllo è evidente

La Lega sa bene che è ancora troppo presto per cantar vittoria. La vera partita sul federalismo deve ancora cominciare. Entro fine giugno dovrà essere presentata dal governo la relazione sui costi del federalismo, nella quale saranno fornite le previsioni sulle ricadute della riforma sui conti pubblici. I primi numeri sui quali si comincerà davvero a capire la praticabilità del federalismo fiscale.

Ma vediamo in pratica in cosa consiste il federalismo demaniale.

CASERME E PALAZZI

Per ragioni di prossimità i comuni saranno i destinatari privilegiati di palazzi e terreni oggi statali. Così come dei beni culturali per cui è previsto un accordo di valorizzazione con il ministero e le caserme dismesse dalla Difesa

LAGHI E FIUMI

Alle regioni andrà il demanio idrico ma una parte dei proventi andranno alle province. Province che otterranno anche i bacini chiusi. I fiumi sovraregionali resteranno allo stato, i laghi sovraregionali andranno alle regioni

SPIAGGE

Il demanio marittimo andrà alle regioni. La bicamerale ha chiesto di pensare a una normativa statale con criteri trasparenti sui canoni per le concessioni balneari e di far partecipare i comuni ai proventi dei canoni stessi

MINIERE

Le miniere andranno alle province. Al tempo stesso viene però specificato che sia i giacimenti petroliferi e di gas naturale sia i siti di stoccaggio resteranno appannaggio dello stato

PORTI

Insieme agli aeroporti anche i porti di interesse nazionale saranno esclusi dal trasferimento. Tuttavia le aree dei grandi porti «non più funzionali all’attività portuale» potranno andare al comune ed essere riqualificati

STRADE

Le strade statali resteranno tali. Lo stesso regime, specifica il decreto, interesserà i parchi, le riserve naturali, le reti energetiche, le ferrovie di proprietà dello stato e gli immobili attribuiti agli organi costituzionali

FEDERALISMO, I TIMORI DI BOSSI

mercoledì, maggio 19th, 2010

articolo da http://www.repubblica.it

“Stiamo cercando di portare avanti il federalismo, ma c’è molta preoccupazione. Sono preoccupato”. Così Umberto Bossi non nasconde i timori del Carroccio per il futuro della riforma federalista. Problema di soldi? “No, quelli ci sono. Con il federalismo si risparmia”, dice il Senatur.

Successivamente, conversando con i cronisti, il leader della Lega ha aggiustato il tiro: “Non è che sono preoccupato, è che il federalismo va avanti piano piano”, ha detto. “Però, mi pare che anche la sinistra ci stia dando una mano”.

Bossi sa che, per non correre rischi sul federalismo, è necessario il voto dell’opposizione. “Credo ci sia la possibilità di un voto bipartisan sul primo dei decreti attuativi. Piano, piano si va avanti nel lavoro” dice il Senatur. Che, a chi gli chiede se ci sia la possibilità di una convergenza di parti dell’opposizione come Idv e Pd, replica guardando in alto e dicendo: “Per adesso vedo il sole”. E comunque sull’ipotesi di un voto bipartisan replica:”Credo ci sia la possibilità”.

Ma all’interno della maggioranza c’è chi si mostra tiepido verso la riforma: “‘Se qualcuno mi dice che il federalismo costa, io dico meglio non farlo” dice il ministro Renato Brunetta, in un’intervista ad ‘A’. Mentre il presidente della Regione Lombardia, Roberto Formigoni sposa convintamente la causa: “Abbiamo un governo nazionale che finalmente ha fatto del federalismo un suo punto di forza e per questo lo realizzeremo”.

MORTI IN AFGHANISTAN: RESTARE O TORNARE?

martedì, maggio 18th, 2010

Militari italiani ancora nel mirino in Afghanistan: due sono stati uccisi e altri due sono stati gravemente feriti alle gambe, anche se non sono in pericolo di vita, in seguito ad un attentato nel Nord Est del Paese, nella zona vicino a Herat controllata dalle forze italiane dell’Isaf.

Le due vittime sono il sergente Massimiliano Ramadù, 33 anni, di Velletri, in provincia di Roma e il caporalmaggiore Luigi Pascazio, 25 anni, della provincia di Bari. La soldatessa ferita è Cristina Buonacucina, caporale del 32.esimo reggimento Genio “Taurinense”, originaria di Foligno. Il secondo militare ferito è Gianfranco Scirè, 28 anni, di Casteldaccia, un comune in provincia di Palermo.

Non appena venuto a conoscenza dell’agguato il ministro bergamasco Roberto Calderoli ha espresso ad alta voce i propri dubbi sulla missione in Afghanistan: “Spesso abbiamo espresso perplessità sull’esportazione della democrazia, ma ogni decisione va presa insieme al resto, non può essere unilaterale. Vedremo a livello internazionale. Al di là della perdita di vite umane che fanno spaccare il cuore, bisogna verificare se i sacrifici servono”.

Ma poco più tardi Umberto Bossi, il leader della Lega, ha in parte smentito il proprio collega: “Io non penso che possiamo scappare. Questa decisione sarebbe sentita dal mondo occidentale come una fuga difficilmente spiegabile e probabilmente avrebbe delle conseguenze gravi sul governo. Le guerre non sono mai una bella cosa perché poi ci sono i morti. Però questo è un governo che guarda alle cose come sono, che ha degli alleati e che mantiene la parola data”. Il leader della Lega ha quindi ammesso “sono molto preoccupato e molto triste perché tornano i morti e bisogna ricordare chi muore per una causa giusta e importante”.

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I militari morti ieri non sono i primi e forse non saranno gli ultimi…Cosa ne pensate riguardo le opinioni di Bossi e Calderoli?E’ giusto rimanere per portare a termine la missione di pace oppure tornare abbandonando chi la pace non ce l’ha?Ed è giusto dover mettere a repentaglio ogni giorno la propria vita senza nemmeno la possibilità di potersi difendere?